Mentre ci si interroga sulle nuove basi su cui rilanciare il sistema produttivo, è sempre più frequente il riferimento all’efficienza energetica.

Il dopo crisi imporrà a tutte le imprese un adattamento al nuovo scenario, con la revisione delle vecchie politiche aziendali. Per poter adeguare le economie ed i nostri stili di vita all’emergenza epidemiologica è necessario adottare misure efficaci e innovative. Concetto sottolineato da Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente in un suo articolo del marzo scorso: «Non dobbiamo sprecare questa crisi per assicurare il cambiamento di cui hanno bisogno le nostre città. E proprio la chiave energetica può essere quella intorno a cui creare opportunità di investimento, in progetti di riqualificazione con ambiziosi obiettivi ambientali e sociali».

L’analisi di Leonardo Berlen sui dati forniti da Terna, pubblicata da Qualenergia.it, evidenzia come le recenti misure restrittive accoppiate ad una stagione non particolarmente rigida, hanno determinato, dal 12 marzo in poi, una riduzione del 10% dei consumi di energia elettrica rispetto a dodici mesi prima, facendo registrare dal 28 marzo al 3 aprile un calo dei consumi pari al 21,4%, corrispondente ad un decremento di 1.3 TWh rispetto al 2019. Nello stesso periodo, le rinnovabili subiscono un calo del 5% della produzione di energia elettrica rispetto all’annualità precedente, col settore eolico che registra una contrazione di oltre 38 punti percentuali.

La riduzione dei consumi di petrolio, energia elettrica e gas, ha avuto certamente ricadute positive per l’ambiente, ma preoccupa per il futuro scenario energetico, in quanto il calo del prezzo delle fonti fossili potrebbe portare ad una disincentivazione delle energie rinnovabili. «Il timore degli analisti», secondo il professor Matteo Di Castelnuovo, esperto di Economia dell’energia – in un videomessaggio rilasciato sul canale ufficiale dell’Università Bocconi di Milano – «è che il crollo del prezzo degli idrocarburi spinga le aziende a rallentare gli investimenti in energie pulite, che già sono destinate a diminuire per problemi di filiera soprattutto in Cina. Ma anche a lungo termine il rischio è che questi investimenti, che per altro hanno raggiunto il massimo nel 2017 e non sono più cresciuti, subiscano forti contrazioni».

Per scongiurare un brusco alt al processo di decarbonizzazione nel settore energetico, sono necessarie azioni strutturali da parte dei governi. Il rilancio degli investimenti per la riqualificazione del patrimonio edilizio e lo sviluppo delle rinnovabili, aiutato dal continuo miglioramento tecnologico e dalla riduzione dei prezzi, offrirebbe nuove opportunità per famiglie ed imprese. Da un lato la flessione della spesa energetica da parte degli utenti e dall’altro, la riduzione dell’inquinamento e delle emissioni di gas serra. Situazioni che agevolano il rilancio economico, l’occupazione, accelerando la riconversione delle imprese italiane verso una prospettiva “green”.

Gianni Silvestrini, scienziato e direttore scientifico di Kyoto Club, espone la sua idea su come fronteggiare la situazione attuale e con quali strumenti rivolgersi al futuro: «Tra le misure che il governo deve prendere ce ne saranno alcune dedicate a rilanciare l’economia, ed è importante indirizzare le risorse, conciliando gli obiettivi ed i percorsi coerenti con il Green Deal».

Il Piano strategico europeo che mira a promuovere l’uso efficiente delle risorse e a ripristinare la biodiversità, con l’ambizioso obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 50-55% entro il 2030 e del 100% entro il 2050, è perfettamente in linea con la risposta emergenziale sul medio e lungo periodo. Al momento è meno ambizioso il Piano Nazionale di Energia e Clima, che punta a un decremento delle emissioni di CO2 del 40%, anche se la filosofia di fondo è coerente con l’impostazione comunitaria per il raggiungimento di importanti traguardi. EnergyTeam