Di seguito un estratto dell’intervista radiofonica con l’ing. Giulia Cau, trasmessa il 6 novembre 2020, adattata per esigenze di pubblicazione.
Radio Star: Si parla tanto di cambiamento climatico e del continuo aumento di anidride carbonica in atmosfera. Quanto incide l’edilizia e cosa si sta facendo al riguardo?
Giulia Cau: La lotta al cambiamento climatico coinvolge tutti i Paesi e numerosi settori, tra cui quello edile, che è responsabile di oltre il 36% delle emissioni di gas serra in Italia. Nel nostro Paese tre edifici su quattro non sono efficienti e questo rende la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente una priorità per combattere il riscaldamento globale. Quando parliamo di riqualificazione energetica intendiamo tutti gli interventi tecnici sugli edifici esistenti che migliorano il benessere abitativo e riducono i consumi energetici. Efficienza energetica vuol dire fare di più usando meno. Ecco perché anche l’eliminazione degli sprechi nell’edilizia diminuisce l’impatto ambientale. Tra gli interventi più comuni di riqualificazione energetica ci sono le tecnologie per l’isolamento termico, ossia il cappotto interno o esterno, la sostituzione di impianti ormai obsoleti per la produzione di energia con quelli di ultima generazione, e ancora l’installazione di dispositivi più efficienti e di tecnologie per il monitoraggio dei consumi e l’automazione del funzionamento degli stessi. Questi interventi consentono di migliorare la classe energetica dell’edificio. Le classi energetiche degli edifici funzionano come quelle degli elettrodomestici: si parte dalla G, meno performante e più inquinante (di colore rosso), alla A, la più virtuosa (verde). In Italia oltre il 95% degli immobili esistenti rientra nelle ultime due classi energetiche, G e F.
RS: In che modo Sotacarbo si sta occupando di riqualificazione?
GC: Il progetto Auree, quello di cui parliamo in questi interventi radiofonici, ha lo scopo di realizzare un portale web accessibile gratuitamente da chiunque, che deve diventare uno strumento utile a sostenere la riqualificazione del patrimonio edilizio di Carbonia.
Tale portale, che sarà messo in rete a breve, sarà un vero e proprio archivio di dati e documenti relativi a abitazioni e edifici scolastici di Carbonia. Il cittadino potrà consultarlo ma anche fornire il proprio contributo con informazioni sulla propria abitazione e sulle aspettative di risparmio in vista di un eventuale intervento di efficientamento. Tale portale aiuterà i decisori pubblici a pianificare l’attività di rigenerazione urbana e metterà in contatto i proprietari delle abitazioni e gli operatori del settore, favorendo l’incontro tra domanda e offerta locale.
RS: Abbiamo parlato di riqualificazione energetica per il patrimonio edilizio esistente, ma cosa ci può dire riguardo alle nuove costruzioni?
GC: Le novità riguardano soprattutto la progettazione di edifici a emissioni quasi nulle di anidride carbonica. In particolare due tipologie edilizie: le case passive e gli edifici a energia quasi zero. Lo scopo primario di entrambe è quello ridurre la quantità di energia derivante da fonti fossili consumata per il riscaldamento e il raffrescamento. La ricerca riguarda anche i materiali. Tutti i nuovi materiali per la bioedilizia devono rispettare alcuni parametri di fabbricazione, tra cui garantire comunque un risparmio energetico rispetto alle alternative più tradizionali, devono essere riciclabili e smaltibili. Insomma il futuro dell’edilizia è l’ecosostenibilità per tutto il ciclo di vita dell’edificio: dall’estrazione delle materie prime alla lavorazione, dalla costruzione dell’edificio e fino alla demolizione e lo smaltimento.
RS: Prima ha nominato la casa passiva come edificio rispettoso dell’ambiente, quali sono le caratteristiche di questo tipo di casa?
GC: La casa passiva è una casa che punta al benessere abitativo e al risparmio energetico, costruita per mantenere la temperatura interna confortevole in estate e in inverno, limitando al massimo, se non eliminando del tutto, il consumo di energia. Infatti la normativa prevede che il fabbisogno energetico per il riscaldamento non debba superare i 15 kWh/m2 all’anno. Magari a chi non è esperto del settore energetico questo valore può lasciare indifferente, ma consideriamo che in un edificio non coibentato il consumo energetico per il riscaldamento è di circa 150-250 kWh/m2 all’anno, e in un edificio più moderno siamo sugli 80-120 kWh/m2 anno. Ecco che la differenza tra il consumo energetico limite della casa passiva e quello degli edifici tradizionali è abissale.
RS: Per ottenere la certificazione di casa passiva esistono dei parametri molto stringenti da rispettare.
GC: Sono importanti sia la corretta realizzazione dell’isolamento termico sia l’applicazione di soluzioni che ottimizzano l’irraggiamento solare, limitandolo nei mesi estivi e sfruttandolo al massimo nei mesi invernali. Ciò si ottiene anche attraverso la ventilazione meccanica controllata che è uno dei fondamenti delle passive house. Il concetto alla base di tale tecnologia è molto lontano dal nostro attuale modo di abitare una casa. Solitamente infatti ci hanno sempre insegnato che la prima cosa da fare al mattino è aprire tutte le finestre per cambiare aria. Giusto, ma in questo tipo di casa, e con questo tipo di impianto di ventilazione il modo corretto di abitare la casa è quello di non aprire le finestre. Questo per non disperdere il calore che viene così recuperato ma nel contempo l’aria viene purificata mantenendola all’interno della casa sempre pulita come se si tenessero le finestre costantemente aperte. Ciò permette di avere anche un maggior comfort acustico, specie nelle città o in zone trafficate.
RS: Oltre alla casa passiva ci ha parlato di edifici a energia quasi zero, ma qual è la differenza?
GC: Quel che cambia è l’approccio, mentre una casa passiva è basata sul mantenimento della temperatura ideale e costante sia in estate che in inverno; l’edificio a energia quasi zero si basa invece sul bilanciamento tra l’energia prodotta e quella consumata. In questo caso è necessaria l’integrazione con sistemi di energie rinnovabili. Il concetto degli edifici a energia quasi zero è stato introdotto nel 2010 da una direttiva europea che lascia agli Stati membri, in base alla propria zona climatica, la scelta dei parametri nazionali. In Italia la produzione di energia rinnovabile deve coprire almeno il 50% del fabbisogno energetico per la produzione di acqua calda sanitaria, riscaldamento e raffrescamento. I principi e le soluzioni grazie ai quali un edificio potrà esser reso a energia quasi zero, sono numerosi e dipendono dalla zona climatica in cui ci si trova. Per esempio è importante il corretto orientamento dell’edificio, l’isolamento esterno e interno, l’installazione di schermature solari per evitare il surriscaldamento estivo e l’eventuale impiego di tetti verdi. Queste sono giusto alcune delle strategie da adottare per ridurre al minimo il fabbisogno energetico. A tutto ciò è ovviamente necessario aggiungere la produzione di energia da fonti rinnovabili per coprire in parte o meglio ancora coprire del tutto la richiesta di energia. L’installazione di un impianto fotovoltaico, microeolico, o qualunque altra tecnologia di produzione di energia rinnovabile in una casa passiva, la rende a tutti gli effetti un edificio a energia quasi zero.
RS: A che punto siamo in Italia?
GC: Nel 2019 l’Enea ha pubblicato l’Osservatorio degli edifici a energia quasi zero, un rapporto da cui emerge che in Italia, fino all’inizio dell’estate 2018, c’erano circa 1400 edifici di questo tipo. Le regioni che ne hanno di più sono la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto. Le tecnologie più adottate sono l’isolamento termico, pompe di calore e impianti solari fotovoltaici. Per dare maggiore impulso sarebbe utile migliorare competenze e informazione, stimolare la domanda e differenziare l’offerta in base alla zona climatica di appartenenza, agli aspetti socioeconomici e alla tipologia del territorio.